L’attività
del viticultore non dovrebbe limitarsi a piantare le viti e a
raccoglierne l’uva, ma dovrebbe essere uno sforzo continuo per
conoscere ed interpretare il territorio e curandolo e cercando di
ricavarne quanto ha da offrire, senza forzarlo, né mortificandone le
potenzialità, ma anzi cercando di trarne l’espressione più piena
di tutte le potenzialità.
Ma
quando parliamo di territorio ovviamente non consideriamo solo
l’aspetto strettamente pedologico, ma anche le condizioni
climatiche e gli eventi storici che si sono svolti nel territorio
stresso, che ne hanno modificato non solo l’aspetto (interventi
idrogeologici, edilizi, ecc.) ma anche la modalità di percepirlo e
di approcciarlo, in quanto gli usi e costumi delle genti che si sono
avvicendate su quel territorio hanno profondamente modificato nel
tempo il territorio stesso.
Per
vedere dunque come sia possibile ricavare da un territorio i suoi
migliori frutti senza violentarlo, ma anzi interpretandone tutte le
potenzialità, ci siamo recati in Friuli e precisamente a Cormons, al
confine con la Slovenia, dove il Direttore della Cantina
Produttori Cormòns,
Alessandro Dal Zovo ci ha spiegato la filosofia operativa
dell’Azienda, che ha poco festeggiato i 50 anni dalla sua nascita.
Alessandro
Dal Zovo
La
Cantina nacque dall’unione degli sforzi di vari agricoltori, che
vollero dar vita ad una nuova realtà produttiva che partisse proprio
dal loro amore per la propria terra, che li spingeva a collaborare e
a cercare di affinare continuamente i loro strumenti di conoscenza
del territorio.
Così
nacque l’idea del Quaderno di campagna, un minuzioso documento, in
cui ogni Socio annota date di potatura, pratiche agronomiche e
operazioni colturali, prodotti e dosi, in modo da ottenere un quadro
preciso, via via arricchito di dati, come quelli forniti dalle 8
centraline meteorologiche, dislocate in vari punti del territorio,
che permettono alla centrale in cantina di avere le condizioni
climatiche perfettamente sotto controllo.
Ma
l’amore per la propria terra non si limita a questa continua
indagine, ma si realizza anche nel continuo studio delle tradizioni
enologiche locali e nel cercare di interpretarle nella migliore
produzione enologica di tutte le glorie vinicole locali.
Un
esempio è quello dello Schioppettino, un’uva tipica della vicina
zona di Prepotto, che produceva da tempi antichissimi un’uva rossa
(così chiamata chiamato
per il suono scoppiettante che emettono i suoi acini quando sono
schiacciati), che, dopo la famosa crisi della fillossera venne
abbandonata. Ebbene anche la Cantina di Cormons, assieme
ad altri viticultori locali, si impegnò per riportare a nuova luce
quell’uva e l’eccellente vino che se ne trae, grazie alla loro
tenace volontà .
Ma
poiché, come dicevo, la conoscenza del territorio non è solo un
aspetto pedologico, ma anche culturale, non possiamo dimenticare la
pratica di decorare le botti di rovere di Slavonia con le pitture di
una ventina tra i più importanti artisti della seconda metà del
novecento, da Zancanaro a Celiberti, da Ciussi a Ceschia, da Spessot
a Benedetti, Crico, Fornarelli, Ornella, Menon e tanti altri, creando
una galleria d’arte unica nel suo genere.
Questa
particolare sensibilità dei viticultori di Cormons si esprime anche
in un’altra iniziativa: I Vini della Pace
Dal
1983 si cominciò a mettere a dimora alcune centinaia di vitigni
provenienti da ogni Paese ove la vite è coltivata. Dai loro grappoli
non poteva che scaturire un vino altrettanto unico sia per le
caratteristiche naturali sia per il messaggio che gli si volle
affidare, quello di essere il Vino della Pace. Un vino simbolicamente
capace di affratellare gli uomini, proprio come le viti venute da
ogni continente si affratellano nella vendemmia, nella spremitura dei
loro grappoli, nella fermentazione, nell’unico vino che, appunto,
ne nasce.
Nel
1985 ci fu la prima vendemmia e le bottiglie del vino che ne nacque,
decorate da grandi artisti – Baj, Music e Pomodoro - furono spedite
a Capi di Stato e rappresentanti di tutte le Religioni, come
messaggio di fraternità e di Pace,
Così
cominciò la storia della Vigna del Mondo e del Vino della Pace: un
messaggio di fraternità e di pace che, puntualmente, ogni anno si
rinnova.
Ecco,
questo è il messaggio che nasce da una terra, un tempo di confine
insanguinato, di vero amore per la propria terra, che non esclude
quello per le altre, anzi lo richiama, perché dall’amore non può
nascere che amore.
Gianluigi Pagano